CTS 10 maggio 2021 - -la riunione che scaricava tutto sul cittadino: "TANTO C'E' IL CONSENSO INFORMATO"

 Analisi della riunione CTS – 10 maggio 2021



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"In più passaggi, i membri dicono proprio:
  • “tanto c’è il consenso informato”

Questa frase ricorre nel documento come giustificazione per proseguire le vaccinazioni, pur essendo noto il rischio (trombosi rare negli under 60).
In pratica, il messaggio implicito era:

  • se il cittadino firma, accetta il rischio,

  • la responsabilità non grava più sullo Stato o sul CTS, ma sul singolo inoculato."

1. Contesto e obiettivi della seduta

La riunione del 10 maggio 2021 si colloca in una fase cruciale della campagna vaccinale. L’Italia stava affrontando il tema dei vaccini a vettore adenovirale (AstraZeneca e Johnson & Johnson), già oggetto di segnalazioni per eventi trombotici rari ma gravi. La pressione politica e sociale era alta: serviva mantenere il ritmo della campagna, rassicurare l’opinione pubblica e al contempo valutare le nuove evidenze scientifiche.

2. La centralità del consenso informato

Durante la discussione ricorre più volte la frase “tanto c’è il consenso informato”. Questo elemento viene trattato come se fosse una copertura legale sufficiente, un modo per trasferire la responsabilità dallo Stato e dalle istituzioni sanitarie al singolo cittadino.
In pratica, invece di bloccare subito o limitare in modo netto l’uso dei vaccini potenzialmente rischiosi, la strategia adottata fu quella di continuare a somministrarli, confidando che la firma del consenso informato bastasse a legittimare il procedimento.

3. Consapevolezza dei rischi e mancanza di decisioni drastiche

Il CTS era perfettamente consapevole dei rischi trombotici: gli interventi mettono in evidenza la delicatezza del rapporto rischio/beneficio, soprattutto nelle fasce under 60. Tuttavia, nonostante questa consapevolezza, non viene assunta una decisione drastica immediata.
Si preferisce piuttosto rinviare e lasciare la scelta “coperta” dal consenso informato. È evidente che la priorità fosse mantenere la campagna attiva, piuttosto che fermarsi per tutelare in modo pieno i soggetti più esposti.

4. Comunicazione e logica politica

Altro elemento centrale è la comunicazione. La linea guida emersa è quella di evitare contraccolpi mediatici e preservare la fiducia nella campagna vaccinale. Questo approccio sposta l’attenzione dal dato scientifico (gli eventi avversi e i rischi) alla gestione politica e comunicativa del consenso.
La narrativa diventa più importante del principio di precauzione: i cittadini dovevano continuare a vaccinarsi, e il consenso firmato serviva anche a deresponsabilizzare lo Stato da eventuali conseguenze.

5. “Scaricare” la responsabilità sul cittadino

L’uso del consenso informato in questo contesto assume un significato ben preciso: non tanto uno strumento di reale tutela e trasparenza per il cittadino, quanto una valvola di scarico giuridica. In altre parole, il governo e le istituzioni sanitarie si sollevavano dalla responsabilità piena delle scelte, lasciando al “povero inoculato” l’onere finale: accettare consapevolmente un rischio che le stesse autorità riconoscevano, ma che non volevano assumersi fino in fondo.

6. Possibili profili di responsabilità

Questa impostazione apre scenari problematici sul piano giuridico:

  • il consenso informato, se non completo e trasparente, può configurare una responsabilità per omissione di informazione;

  • continuare a somministrare un vaccino a categorie per cui il rischio era noto potrebbe rientrare nelle ipotesi di lesioni colpose o omicidio colposo;

  • la delega al consenso informato può apparire come un abuso dello strumento, usato più per tutela legale delle istituzioni che per reale autodeterminazione del paziente.

7. Conclusione

La riunione del 10 maggio 2021 rappresenta uno spartiacque: da un lato la consapevolezza dei rischi scientifici, dall’altro la scelta politica di continuare la campagna, affidandosi al consenso informato come “scudo” legale.
È chiaro che, più che tutelare la salute dei cittadini, l’obiettivo fosse proteggere il governo e le istituzioni da responsabilità dirette, scaricando tutto sul cittadino firmatario. Un approccio che mette in luce il peso della logica politica e comunicativa rispetto al principio di precauzione sanitaria.

Ipotesi di reato

Condotta potenzialmente rilevante

Base fattuale dal verbale

Nota critica

Omicidio colposo / Lesioni colpose
(artt.
589–590 c.p.)

Continuare la somministrazione di AstraZeneca/J&J negli under 60 pur conoscendo i rischi trombotici

Si discute di eventi avversi gravi e si riconoscono i rischi, ma non viene disposto uno stop immediato

Rischio prevedibile: la mancata sospensione può configurare colpa per negligenza

Omissione / Abuso d’ufficio
(artt. 328–323 c.p.)

Non adottare decisioni drastiche, affidandosi al consenso informato come unica “copertura”

Più interventi ribadiscono “tanto c’è il consenso informato” come giustificazione

Possibile omissione di atti dovuti in materia sanitaria

Trattamento sanitario senza adeguato consenso informato

Uso improprio del consenso informato come tutela legale per lo Stato anziché garanzia per il cittadino

Il consenso informato è presentato come “scudo” per continuare la campagna vaccinale

Se l’informativa era incompleta, il consenso non era realmente libero e consapevole

Lesione del diritto alla salute
(art. 32 Cost.)

Mancata protezione effettiva dei cittadini più giovani dai rischi noti

La campagna continua senza limiti stringenti per gli under 60

Profilo più civile/amministrativo che penale

Falso ideologico per omissione
(art. 479 c.p. – ipotesi estrema)

Comunicazione pubblica che minimizza i rischi per non creare allarme

Si privilegia la narrativa positiva e la fiducia sulla trasparenza dei rischi

Non un falso formale, ma possibile informazione fuorviante se non completa


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Executive Summary – Riunione CTS 10 maggio 2021

Data: 10 maggio 2021

Partecipanti: Franco Locatelli (Presidente CTS), Silvio Brusaferro (ISS), Nicola Magrini (AIFA), Giorgio Palù (CTS, virologo), Giuseppe Ippolito (CTS, ISS), Sergio Abrignani (CTS, immunologo), Claudio Ciciliano (CTS, Protezione Civile), Giovanni Rezza (Ministero della Salute), Donato Greco, Caporale e altri membri del CTS.

Contesto

La riunione si svolge in una fase delicata della campagna vaccinale. Sul tavolo ci sono i dati relativi agli eventi trombotici rari associati ai vaccini a vettore adenovirale (AstraZeneca e Johnson & Johnson), la possibilità di ricorrere a una seconda dose eterologa con vaccini a mRNA e le modalità di comunicazione verso la popolazione.

Temi principali

  • Consapevolezza dei rischi: discussione sugli eventi avversi gravi (trombosi rare) e sul rapporto rischio/beneficio.
  • Consenso informato: più volte ribadito come strumento centrale. Celebre la frase: “tanto c’è il consenso informato”.
  • Uso dei vaccini under 60: valutazioni sull’opportunità di continuare a somministrare AstraZeneca e J&J ai più giovani, nonostante i segnali di rischio.
  • Eterologa: primi accenni alla possibilità di seconda dose diversa (mRNA), pur in assenza di studi clinici solidi.
  • Comunicazione: necessità di evitare contraccolpi mediatici e preservare la fiducia nella campagna vaccinale.

Punti critici

  • L’eccessiva fiducia riposta nel consenso informato come strumento di tutela legale, più che come reale garanzia per i cittadini.
  • Mancanza di decisioni nette per limitare l’uso dei vaccini a rischio nelle fasce under 60.
  • Prevalenza delle logiche comunicative e organizzative (fiducia pubblica, continuità della campagna) rispetto alle valutazioni puramente sanitarie.

Conclusioni

La riunione del 10 maggio 2021 mostra come il CTS fosse già consapevole dei rischi legati ai vaccini a vettore adenovirale, ma abbia preferito affidarsi al consenso informato e rimandare decisioni più drastiche. Questa scelta evidenzia una gestione più politica e comunicativa che sanitaria, aprendo potenziali zone d’ombra di responsabilità giuridica, soprattutto in relazione al consenso informato non sempre pienamente trasparente.

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